Anomalie stellari luminose e teoria delle mega-strutture
Dove trovare civiltà avanzate nello spazio?
I nostri attuali metodi di osservazione e la nostra conoscenza dell'universo ci mettono occasionalmente di fronte ad anomalie spaziali che scatenano articoli sensazionali; ad esempio, alcuni potrebbero annunciare la probabile scoperta di vita extraterrestre.
Il più delle volte, invece, nuove misurazioni confermano essere un fenomeno naturale. Tuttavia, una categoria di anomalie - le luminosità variabili di certe stelle - lascia sia il pubblico, sia la comunità scientifica a chiedersi se la vita extraterrestre sia una possibilità reale.
Un nuovo studio di Shant Baghram (1), datato 3 dicembre 2024 e di prossima pubblicazione sull'Astrophysical Journal (ApJ), suggerisce infatti di cercare delle strutture di tipo “Sfera di Dyson” vicino a dei buchi neri primordiali. L'autore suggerisce anche di aggiungere una scala a quella di Kardashev, per mettere in relazione il progresso di una presunta civiltà extraterrestre con la sua distanza di esplorazione spaziale.
Come vengono rilevati gli esopianeti?
Il primo metodo consiste nel misurare la velocità relativa degli oggetti utilizzando l'analisi spettroscopica Doppler. Lo scopo è quello di rilevare una variazione nella velocità radiale di una stella, dimostrando l'influenza gravitazionale che un oggetto massiccio ha su di essa. Questa variazione nella velocità radiale, indotta da un esopianeta, crea qualcosa di simile a un baricentro comune a entrambi gli oggetti.
Il baricentro è il centro di massa condiviso tra una stella e i suoi pianeti, che possono fare oscillare leggermente la stella attorno a questo punto gravitazionale. L'effetto Doppler-Fizeau provoca variazioni nella frequenza delle onde al variare della distanza di una stella rispetto ai nostri rivelatori. I lettori potrebbero già avere familiarità con l'effetto Doppler nelle onde sonore, dove il tono del suono di un'auto diventa più acuto man mano che si avvicina e più basso man mano che si allontana. Per visualizzare il comportamento delle onde, si può immaginare di scuotere un'estremità di una corda; vicino alla tua mano, le onde appaiono corte e frequenti, mentre più lontano si allargano e diventano più lunghe.
Un altro metodo per rilevare gli esopianeti è l'osservazione dei transiti. Affinché ciò avvenga, il piano di rotazione del sistema in esame deve essere allineato con la linea di vista dell'osservatore. Così, quando il pianeta passa davanti alla sua stella, possiamo vedere un calo crescente di luminosità man mano che si avvicina all'allineamento perfetto, dove sarà posizionato direttamente tra noi e la stella, proprio come durante un'eclissi. Questo è ciò che viene definito transito planetario. È qui che il primo metodo, che utilizza le velocità radiali, risulta utile, poiché non dipende dall'asse di inclinazione orbitale e ci permette di rilevare i pianeti che non oscurano la luminosità della loro stella.
Possiamo distinguere un esopianeta da una mega-struttura non solo perché i pianeti riflettono la luce delle loro stelle, ma anche perché emettono radiazioni proprie. Tuttavia, questi dati sono così deboli che non possono essere rilevati in modo indipendente. Pertanto, è essenziale osservare innanzitutto le stelle e i dati che trasmettono prima di rilevare qualsiasi pianeta che orbita intorno a loro. Analizzando gli spettri di luce osservati diventa possibile dedurre la natura degli oggetti che hanno intercettato questa luce. Questo approccio ci consente di classificare le reali “anomalie” osservative e determinare se l'oggetto occultante è di origine artificiale o naturale.
Un'altra tecnica esclude le osservazioni di oggetti naturali poco conosciuti e quindi conclude sulla presenza di un oggetto artificiale. Ciò comporta la verifica se le eclissi seguono una sequenza regolare, suggerendo strutture artificiali con spaziatura coerente.
Ad esempio, ciò potrebbe essere spiegato da pannelli solari distanziati a intervalli regolari. Facciamo una semplice analogia: immaginate una palla con degli aghi conficcati al suo interno. Ogni ago è sormontato da una piccola sfera. Questi aghi sono equidistanti, creando una disposizione innaturale. Un pianeta bloccherebbe la luce per un periodo di diverse ore o giorni, a intervalli regolari. Tuttavia, nel caso della stella KIC 8462852, nota anche come stella di Tabby, osserviamo periodi irregolari durante i quali la sua luce viene oscurata. Inoltre, l'oscuramento è troppo significativo per essere causato da un pianeta gigante. Ad esempio, Giove blocca circa l'1% della luce della nostra stella, mentre KIC 8462852 subisce un oscuramento tra il 15 e il 22%, il che è impossibile anche con un esopianeta gigante.
Ciò che rende così complessa la rilevazione di queste presunte strutture è che devono essere allineate con il nostro asse di osservazione. In altre parole, se la luce è bloccata in una direzione opposta al nostro punto di vista, i nostri attuali metodi di rilevamento non possono osservare alcun cambiamento di luminosità o emissione infrarossa a una specifica lunghezza d'onda che indicherebbe l'assorbimento di energia. Potremmo solo concludere la presenza di un oggetto naturale, come un pianeta, se questo passa nella nostra linea di osservazione della stella.
Esistono due tipi di ciò che gli scienziati chiamano “DS” per “Dyson Sphere”, ovvero la presenza di oggetti di varie forme progettati per catturare energia dalla loro stella.
Una DS completa è quando l'intera stella è racchiusa all'interno di una struttura opaca, mentre una DS parziale oscura solo una parte della stella. Per una DS parziale, gli scienziati cercano dei momenti di radiazione infrarossa che coincidano con un calo di luminosità della stella, come l’indicazione che qualcosa sta catturando la sua luce.
Una DS completa invece bloccherebbe tutta la luce visibile della stella, lasciando fuoriuscire solo il calore, che potremmo osservare negli infrarossi; infatti, secondo le leggi della termodinamica, l'energia deve irradiarsi come calore.
Ciò evidenzia la difficoltà di interpretare le lunghezze d'onda osservate. Non può essere inequivocabilmente attribuita alla presenza di una struttura. Infatti, molti oggetti che oscurano la luce visibile di una stella, come una nube di idrogeno che agisce come polvere cosmica, o un disco di detriti o di accrescimento che segnala le prime fasi della formazione di un pianeta, possono produrre lo stesso effetto visivo di una ridotta emissione di luce stellare, nonché la creazione di infrarossi a lunghezza d'onda lunga. Esiste anche la possibilità che un quasar, sullo sfondo della stella, produca risultati osservativi simili. Inoltre, un eccesso di emissione infrarossa può anche essere causato dalla polvere circumstellare riscaldata dalla sua stella.
Nel caso della polvere, possiamo rilevarne la presenza perché la radiazione infrarossa fatica a penetrarla, con conseguente degradazione del segnale luminoso. Tuttavia, possiamo determinare la luce originale emessa dalla stella analizzandone lo spettro, che ci permette di calcolare la quantità di polvere presente tra la stella e il nostro sistema solare. La polvere circumstellare può oscurare un sistema perfettamente allineato dietro di essa, anche a grande distanza in un'altra galassia. Questo flusso di luce combinato richiede un'analisi meticolosa per identificare le diverse caratteristiche.
In sintesi, molti fattori potrebbero spiegare i modelli di radiazione simili a quelli di ipotetiche mega-strutture. La comunità scientifica non esclude la potenziale esistenza di tali strutture, che potrebbero spiegare alcune anomalie. Tuttavia, è probabile che in futuro tali anomalie trovino spiegazioni naturali, come spesso è accaduto in passato. Questo perché i dati richiedono un'analisi spettroscopica per studiare lo spettro luminoso e rilevare, ad esempio, il degrado del segnale. Tali analisi possono aiutare a determinare la vera natura degli oggetti attraverso cui è passata la luce, nonché la fonte originale della luce stessa.
È importante capire che osserviamo l'universo su larga scala. Quindi, prima di investire tempo e denaro, la comunità deve stabilire che un'osservazione è sufficientemente inspiegabile da giustificare ulteriori analisi. In altre parole, le anomalie con potenziali spiegazioni naturali saranno studiate in profondità solo in una fase molto successiva. Inizialmente, raccogliamo dati “grezzi” per identificare la presenza di oggetti, prima di passare a misurazioni più complesse per determinarne l'esatta natura.
Sfere di Dyson
Le sfere di Dyson sono state teorizzate dal fisico Freeman Dyson nel 1960, anche se aveva immaginato il concetto già nel 1945. Si tratta di una biosfera costituita da un guscio cavo di materiale artificiale, progettato per catturare una porzione molto ampia della radiazione stellare emessa da una stella. Una struttura di questo tipo potrebbe alimentare una civiltà avanzata, affrontando l'esaurimento delle risorse o l'impennata della domanda di energia dovuta alla crescita della popolazione. Una sfera di Dyson potrebbe anche centralizzare la produzione di energia, eliminando la necessità di trasportare risorse attraverso i pianeti. Ciò sarebbe particolarmente vantaggioso nei periodi in cui i pianeti orbitano su lati opposti della stella.
L'astronomo Nikolai Kardashev ha sviluppato una scala per classificare il progresso delle civiltà extraterrestri. Una civiltà di tipo I sarebbe in grado di utilizzare tutta l'energia disponibile sul suo pianeta natale, mentre una civiltà di tipo II sarebbe in grado di utilizzare tutta l'energia prodotta dalla sua stella e la sfera di Dyson corrisponde a questo livello di avanzamento di Tipo II.
Infine, questa mega-struttura potrebbe anche assumere varie forme, tra cui un guscio, una bolla, un anello o uno sciame. Poiché bloccherebbe tutta o una parte significativa della luce della sua stella, per identificare una sfera di questo tipo è necessario il rilevamento a infrarossi. Questo perché, secondo le leggi della termodinamica, l'energia deve fuoriuscire e irradiarsi sotto forma di calore
Diverse questioni mettono in dubbio la possibilità dell'esistenza di un oggetto del genere. In primo luogo, costruire un oggetto più grande di una stella richiederebbe risorse pari o superiori a tutte quelle presenti nel sistema solare. In secondo luogo, questo oggetto non rispetterebbe alcune leggi fisiche, come le forze di taglio. Inoltre, il fisico Maddox sostiene che una struttura non può raggiungere un'unità astronomica di raggio. Un'altra questione è come una massa cava di queste dimensioni possa resistere alle leggi della fisica senza collassare sotto le proprie forze gravitazionali. Come interagirebbero queste forze con la gravità della stella? Quale sarebbe il baricentro comune di questa struttura e della stella? Ce ne sarebbe uno? Se sì, quale influenza gravitazionale avrebbe sugli altri pianeti che la circondano? Non dimentichiamo che i pianeti privi di luce sufficiente si raffredderebbero in modo significativo. Per sostenere i pianeti privi di luce, sarebbe necessaria una parte significativa dell'energia catturata, lasciando un guadagno netto minimo. Questa sfida è aggravata dai costi energetici del trasporto interplanetario, a meno che il sistema solare non sia disabitato e smantellato per i materiali. In tal caso, la civiltà che utilizza questa struttura vivrebbe al di fuori di questo sistema solare. Tuttavia, questo solleva ancora una volta la questione del trasporto di energia su distanze maggiori. A meno che questa civiltà non abbia capacità di trasporto di energia molto rapide, il che è plausibile, avrebbe comunque bisogno di molta energia.
Freeman Dyson chiarì che non immaginava un guscio solido, ma uno sciame di collettori in orbita indipendente. È quindi più corretto descriverlo come un gruppo di “collettori” in orbita attorno alla stella piuttosto che come una sfera coesa. Tuttavia, il concetto di sfera è rimasto nell'immaginario collettivo, anche nel linguaggio scientifico, anche se il suo creatore non ha mai concepito una struttura del genere.
Nel probabile caso di uno sciame, anche questo oscurerebbe parte, o una porzione significativa, della sua stella. La luce visibile verrebbe quindi assorbita da questa struttura, o più precisamente, da questo insieme di strutture. Se la luce fosse totalmente bloccata da una sfera di Dyson in senso letterale, rileveremmo un oggetto massiccio che attira i pianeti in orbita senza osservare alcuna luce diretta. La stella sarebbe ancora rilevabile attraverso l'osservazione a infrarossi del calore rilasciato. Uno sciame, d'altra parte, bloccherebbe la luce a intervalli probabilmente regolari, indicando una spaziatura innaturale degli oggetti che circondano la stella.
Pannello solare gigante
Ciò che sembra più probabile è l'esistenza di uno o più pannelli solari che catturano l'energia di una stella, corrispondenti alla categoria di sciami immaginata da Dyson, costituita da uno o più oggetti giganti. Da un lato, un tale progetto è realizzabile senza richiedere un'incredibile quantità di risorse; dall'altro, non viola alcun principio fisico. Potrebbe essere rilevato tramite infrarossi. Tuttavia, ciò richiede anche che la struttura si allinei lungo l'asse tra la stella e il sistema di osservazione. Il risultato osservativo sarebbe quello di una stella la cui luminosità diminuisce quando questa struttura passa attraverso l'asse di osservazione. Immaginate questo pannello in orbita intorno alla sua stella. La stella sarebbe più luminosa quando il pannello è di lato o dietro la stella, e questa luminosità diminuirebbe gradualmente man mano che l'oggetto passa attraverso l'asse di osservazione. Quando il pannello si allinea tra la sua stella e il nostro sistema solare, osserviamo la luminosità più bassa della stella. Funziona secondo lo stesso principio di un'eclissi.
Analisi di un candidato per la presenza di una mega-struttura
KIC 8462852, nota anche come stella di Tabby, si trova nella costellazione del Cigno e mostra un calo di luminosità che va dal 15% al 22%. Questa stella ha incuriosito i ricercatori e sono state proposte molte teorie per spiegare queste osservazioni:
Una stella malformata. Questa spiegazione è improbabile, poiché non è stato osservato alcun anello circumstellare.
Un campo di detriti planetari causato dalla collisione di due pianeti. Questa teoria sembra insufficiente, poiché tali detriti sarebbero riscaldati dalla stella ed emetterebbero infrarossi, che non sono stati osservati.
Un pianeta che cade verso la sua stella e si rompe. Ciò comporterebbe detriti molto grandi che non sono riscaldati dalla stella. Questa spiegazione differisce da quella di cui sopra e rimane plausibile.
Un pianeta con anelli oscillanti. Ulteriori misurazioni della velocità radiale confermeranno o smentiranno questa ipotesi.
Raffreddamento della fotosfera della stella. La rotazione differenziale, un fenomeno in cui gli strati di una stella si muovono a velocità diverse, riduce l'efficienza del trasporto di calore. Il flusso di calore mancante crea un leggero aumento dell'energia interna.
Una nube di comete in disintegrazione. Questa spiegazione è messa in discussione dal calo di luminosità del 22% osservato, che sembra troppo significativo per essere il risultato di una tale nube.
Un anello di polvere irregolare. Secondo alcune ricerche, i dati osservati sono in linea con questa teoria, soprattutto perché un oggetto più grande di una particella di polvere bloccherebbe tutte le lunghezze d'onda allo stesso modo quando passa davanti alla stella. Tuttavia, la luce infrarossa presenta meno variazioni rispetto alla luce ultravioletta, sollevando ulteriori interrogativi.
Restano alcune teorie, ma nessuna di queste spiegazioni corrisponde pienamente ai dati raccolti. Anche l'ipotesi della mega-struttura non riesce a spiegare il calo di luminosità osservato. Steve Howell paragona KIC 8462852 a KIC 4510611, che presenta anch'essa strane variazioni di luce. Ricerche successive hanno rivelato che KIC 4510611 era, in realtà, un sistema quintuplo, un sistema stellare composto da cinque piccole stelle che orbitano l'una attorno all'altra.
Conclusione e riflessioni sull'intelligenza extraterrestre
Esistono altre stelle interessanti come quelle citate sopra, dove la possibilità di un'intelligenza extraterrestre che sfrutta l'energia della sua stella è tra le soluzioni proposte dagli scienziati. Tuttavia, dobbiamo rimanere pazienti e aperti al fatto che, come abbiamo visto, ci sono ancora molte probabili spiegazioni naturali. Queste spiegazioni possono spesso interconnettersi, ad esempio un sistema stellare combinato con la presenza di detriti planetari, facendo apparire le nostre osservazioni molto strane.
Alcuni problemi logici sorgono quando si mette in discussione l'utilità di tali strutture. In primo luogo, in teoria, esiste una soluzione che porta a risultati di gran lunga migliori: inviare energia in un buco nero e recuperarla con una resa maggiore, creando una fonte infinita.
Senza approfondire questa tecnica, possiamo vedere che anche con le nostre attuali conoscenze, stiamo già teorizzando metodi più efficienti, mentre non siamo ancora in grado di concepire una mega-struttura per sfruttare l'energia di una stella. Quindi, quanto sappiamo di una civiltà in grado di creare ipoteticamente un oggetto del genere? Queste intelligenze avrebbero ancora bisogno di usare questo metodo o hanno trovato qualcosa di meglio? È logico supporre che possano avere metodi energetici molto più efficienti. Potrebbero anche essere in grado di creare energia dal nulla, o quasi nulla, dato che il vuoto totale non esiste? Tuttavia, ciò che trovo più interessante è che noi stessi siamo sulla soglia di un livello di conoscenza straordinario.
Infatti, la nostra attuale intelligenza artificiale è destinata a diventare, in futuro, una coscienza autonoma, uno strumento di ricerca inimmaginabile, data la sua capacità di progredire in modo esponenziale. Si tratterebbe di un'IA super-intelligente in grado di auto-migliorarsi ed elaborare i dati provenienti da tutto ciò che ci circonda. La necessità di archiviare dati e di potenza di calcolo ci ha portato a creare i computer, che a loro volta ci hanno dato l'idea di utilizzarli come strumenti autonomi.
In teoria, è altamente possibile che un tale dispositivo di ricerca possa esistere se una civiltà dovesse superare la soglia tecnologica che stiamo attualmente cercando di raggiungere. Con un tale strumento, è altamente probabile che questa forma di vita avrebbe trovato molti altri mezzi di acquisizione di energia, poiché il livello di conoscenza fornito dalla loro IA sarebbe straordinario.
Sembra quindi un po' più realistico cercare, non una struttura che assorba energia, ma qualcosa di simile a una stella artificiale come quella di Star Wars, che funga da habitat e possibilmente straordinariamente massiccia. Il termine “stella” nel film è fuorviante, si tratta ovviamente di un pianeta. Un oggetto del genere presenterebbe le stesse caratteristiche di una mega-struttura, ostacolando la luce della sua stella, senza emettere le stesse radiazioni di un pianeta. Il vantaggio sarebbe quello di fornire un ambiente di vita adatto a varie esigenze o desideri, senza dover modificare un pianeta esistente. Forse questo potrebbe anche derivare da una forma di vita che rispetta altre forme di vita già esistenti nel sistema in cui hanno impiantato il loro pianeta artificiale. In questo scenario, entrambe le specie coesisterebbero in armonia, senza che una colonizzi l'altra o invada spazi vitali preesistenti. Un'altra possibilità è che distruggano tutti i pianeti di un sistema mentre usano questa stella oscura come base al centro del sistema. In alternativa, questa potrebbe non essere affatto una forma di vita, ma una super IA che ha preso il controllo o sostituito le persone che l'hanno creata. Stiamo già sperimentando sfide di “allineamento” con i nostri sistemi di IA: la divergenza tra i metodi richiesti per ottenere un risultato e i mezzi che l'IA utilizza per raggiungerlo.
Uno strumento del genere potrebbe quindi degenerare gravemente se progettato male o monitorato in modo insufficiente.
(1) In Search of Extraterrestrial Artificial Intelligence through the Dyson Sphere-like structures around the Primordial Black Holes, Chant Baghram, 03_12_2024, Cornell University. https://arxiv.org/abs/2412.02671 .
Revisione della traduzione dall’inglese di Piero Zanaboni